Ecco una breve biografia di Ada Grossi, del fratello Aurelio e dell’intera famiglia, che prese parte alla guerra di Spagna.
Renato, Ada e Aurelio Grossi, nacquero tutti e tre a Napoli, rispettivamente il 16-01-1916, il 10- 04-1917 e il 24-01-1919, dai coniugi napoletani Carmine Cesare (21-05-1887) e Maria Olandese (1-12-1889). Il padre, noto avvocato penalista, agiato proprietario terriero, amico di Giovanni Porzio ed Enrico De Nicola, che sarà poi Presidente della Repubblica, era un convinto socialista; la madre era stata una promettente cantante lirica e si era esibita a Pietroburgo alla presenza dello zar. La strenua opposizione al fascismo attirò sull’avvocato l’odio del regime; dopo tentativi di aggressioni e l’assalto squadrista alla sua abitazione, che la moglie, sola in casa coi tre bambini, affrontò con sereno coraggio, nel 1926 i due antifascisti abbandonarono tutto, carriera, amici e posizione sociale, presero la via dell’esilio e si rifugiarono coi figli piccoli a Buenos Aires. Lì, Carmine Cesare Grossi si procurò da vivere, lavorando come rappresentante di commercio di aziende vinicole, Ada studiò lingue, canto e musica, Renato e Aurelio si dedicarono anch’essi alla musica e frequentarono un istituto tecnico industriale in cui divennero radiotelegrafisti.
Ritenuto “pericoloso” dal regime, che l’aveva fatto depennare dall’albo degli avvocati e non cessò mai di sorvegliarlo, in Argentina Carmine Cesare Grossi, nonostante le ristrettezze economiche, si dedicò a un’intensa attività politica, e collaborò come giornalista al giornale antifascista in lingua italiana L’Italia del popolo, firmandosi con gli pseudonimi di Rocco Sileo e il piccolo Spartaco, fu redattore stimato del noto mensile Nosotros. Attivo sia nella LIDU che nella locale sezione della Concentrazione antifascista, diventò una personalità tra le più note negli ambienti dei fuorusciti italiani; caldeggiò l’unità del fronte antifascista e per questo motivo coltivò amicizie tra i diversi schieramenti, frequentando uomini come Arturo Labriola, ex deputato socialista e ministro con Giolitti, e Giuseppe Tuntar, ex deputato comunista Giuseppe Tuntari. Fu spesso oratore ufficiale nelle manifestazioni antifasciste, nel 1930 commemorò Matteotti per il quarto anniversario della sua morte, nel 1931 fu uno degli oratori ufficiali alle manifestazioni per la vittoria repubblicana in Spagna e di lì a poco, nel 1933, attaccò Mussolini, pubblicando l’opuscolo intitolato Benito Mussolini a través de los colloquios con Emilio Ludwig. Preziosa fu, in questo lavoro, la collaborazione della moglie Maria Olandese, socialista come lui e al suo fianco sia nelle sue iniziative politiche che nell’educazione dei tre figli cresciuti alla scuola dei valori etici e politici del socialismo e dell’antifascismo. Attivo in un comitato contro la guerra in Abissinia, Con la collaborazione attiva della moglie, Carmine Cesare Grossi fondò a Buenos Aires il PIAVA, (Patronato italiano d’aiuto alle vittime antifasciste) che tentò di saldare in un fronte unico gli antifascisti, raccolse fondi per sostenere le famiglie dei detenuti politici e aiutò Fernando De Rosa detenuto in Spagna. Dopo aver stretto rapporti con attivisti del Soccorso Rosso che operavano un Francia, ad agosto del 1936, dopo una scelta concordata tra tutti i componenti della famiglia, i Grossi lasciarono l’Argentina, sbarcarono ad Anversa e passando per il Lussemburgo e la Francia, giunsero a Barcellona. Lì, Renato e Aurelio si arruolarono nell’esercito repubblicano e combatterono in prima linea tutta la guerra di Spagna, Maria Olandese diede soccorso ai feriti in ospedale, organizzando anche concerti per i combattenti, Ada e il padre, entrati in contatto col governo Spagnolo, diedero vita a “Radio Libertà” che, dopo avere girovagato tra Valenza e Barcellona, si sistemò nella città catalana, nel Ministero della Propaganda, situato in Avinguda Diagonal. Il padre scriveva i testi che la sera la figlia leggeva in italiano alla radio, in trasmissioni serali così seguite in Italia, che i fascisti furono costretti a utilizzare “antenne disturbatrici”,
ma non riuscirono mai a metterle del tutto a tacere. Quando il fronte antifascista si spaccò la radio finì in mano ai bolscevichi, ma i Grossi non lasciarono Barcellona; Ada si unì alla madre e Carmine Cesare fu incaricato della responsabilità della distribuzione dei proiettili ai combattenti nel circondario di Barcellona. La famiglia, riunita al momento della caduta della città catalana, fuggì a piedi verso i Pirenei, sfuggì ai raid aerei degli italiani che mitragliavano i fuggiaschi e varcato il confine sui Pirenei a Le Boulou viene divisa. Ada e la madre, in un primo tempo libere nella regione del Giura francese, furono poi internate prima in un campo della Saòne et Loire e poi in quello di Argelès sur Mer dove Ada incontrò Enrique Guzman, un ufficiale repubblicano, che sposò; il 25 gennaio 1941 Maria Olandese fu trasferita nel campo di Rives Alte; Ada, rimasta sola, seguì il marito in Spagna, dove l’uomo riprese la lotta contro i franchisti, evitò per miracolo la morte cui l’aveva condannato un tribunale militare e fini per alcuni anni in carcere.
In quanto al padre e ai fratelli, furono rinchiusi nel campo di concentramento di Saint Cyprien e poi in quello di Gurs, dove Renato subì un crollo nervoso; ricoverato all’Hòpital Psychiatrique di Lannemezan, dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia, fu sottoposto per ritorsione a terapie sperimentali convulsivanti a base di forti dosi di insulina che gli procurano seri danni al sistema nervoso.
Nel febbraio 1941 Maria Olandese, il marito Carmine Cesare e i figli Aurelio e Renato sono consegnati separatamente alla commissione italiana per l’applicazione dell’armistizio italo-francese. Varcata la frontiera a Mentone, uno separato dall’altro, sono arrestati e tradotti a Napoli, dove sono interrogati e denunciati alla Commissione provinciale che li assegna al confino politico. Aurelio e Ada sono mandati per quattro anni a Melfi e l’avvocato Grossi è confinato a Ventotene per cinque anni. Renato, al contrario, che i francesi consegnano ai fascisti con un certificato medico che lo dichiara pazzo, e il regime lo chiude in manicomio, dove gli elettroshock lo ridussero a un vegetale.
Liberati dopo la caduta del fascismo, i cinque antifascisti, che avevano perso l’intero patrimonio, furono costretti a ricostruire la loro vita ricominciando dal nulla. Maria Olandese, profondamente colpita dalla terribile sorte toccata al figlio, morì nel 1957. Il marito, Carmine Cesare Grossi, inspiegabilmente costretto a ricorrere al tribunale per essere reinserito nell’albo degli avvocati, si spense nel 17 febbraio 1975. Renato, il più sventurato del gruppo, sopravvisse ai genitori, ma non ritrovò mai più se stesso e morì il 13 agosto del 2001.
Le notizie sono tratte da: Giuseppe Aragno, Antifascismo popolare, Manifestolibri, Roma, 2009; Giuseppe Aragno, Antifascismo e potere, Bastogi, Foggia, 2013; Ilaria Poerio e Vania Sapere, Vento del Sud, Istituto Ugo Arcuri, Reggio Calabria, 2007.