La battaglia di monte Pelato

MEMORIE DI SPAGNA Ricordi di combattenti antifascisti che hanno partecipato alla guerra civile spagnola e alla lotta contro il franchismo (1936 – 1975).1

A cura di Marco Puppini e Pietro Margheri.

La battaglia di monte Pelato
LA MEMORIA DI GIUSEPPE MARCHETTI

Il combattimento che segnò l’inizio della partecipazione antifascista italiana in Spagna, prese il nome di battaglia di Monte Pelato, battesimo occasionale di un cocuzzolo di scarso rilievo al bordo di una strada che percorre l’Aragona tra Huesca e Almudevar, su cui prese posizione, il 22 agosto, la Colonna Italiana, composta di 150 volontari e fornita, con uno sforzo organizzativo dei dirigenti catalani, di 4 mitragliatrici, muli e fucili.

La posizione si trovava come già accennato tra Huesca e Almudevar, due fortezze franchisteche non capitolarono mai durante tutta la guerra civile, nonostante parecchie offensive repubblicane; questa zona venne detta da Rosselli “posizione sandwich, posizione in aria, res nullius”. Il “comando tecnico”, auspicato dai documenti di fondazione della colonna, alla prova dei fatti si risolse in un comando politico, diviso tra Rosselli e Angeloni, in quanto si vide l’impossibilità di poter affidare il gruppo dei volontari ad un colonnello piemontese, emigrato politico a Nizza, proposto da Rosselli. Quale responsabile politico fu designato Vindice rabitti, anarchico bolognese, condannato in Italia nel 1922 perché appartenente agli “arditi del popolo”.

Dei due comandanti, Rosselli aveva pochissima esperienza militare, ma era indubbiamente dotato di una notevole capacità di comando; Angeloni era d’altro canto, un ufficiale brillantissimo, generoso e affascinante, con la grande qualità di saper stabilire un contatto diretto coi subalterni. Malgrado la diversa estrazione politica (Rosselli di “Giustizia e Libertà”, Angeloni repubblicano) l’accordo, nel clima rivoluzionario, non poté mancare e fu pieno anche sul campo; naturalmente accordo non significa assoluta identità di vedute: Angeloni era più incline a perdonare la scappatella, l’indisciplina ardita, Rosselli era maggiormente dominato dalla preoccupazione.

Questa diversità di valutazione – racconta Aldo Garosci che faceva parte della Colonna – si fece presente nella polemica riguardo al piano di difesa: Angeloni sosteneva la necessità di schierare le mitragliatrici secondo le regole della tecnica militare, cioè raggruppate in modo che battessero la strada con una coppia di fuochi incrociati, dando ascolto anche ai pareri degli spagnoli che ritenevano che un attacco potesse venire potenzialmente da Huesca (mentre poi venne da Almudevar); Rosselli invece era più preoccupato per la posizione dei fucilieri che dovevano fronteggiare un lungo prato che poteva anche essere aggirato, e solo dopo lunghe discussioni ottenne che una delle mitragliatrici si portasse sul fronte.

L’attacco franchista avvenne il 28 agosto alle 4 del mattino, contrariamente ad ogni previsione: infatti i giorno precedente, due pattuglie avevano condotto ricognizioni nei dintorni, anche per un vasto raggio, identificando alcuni nidi di mitragliatrici nemiche in un villaggio-fortezza e tagliando in seguito i fili del telegrafo, del telefono e della luce tra Huesca e Saragozza, e riportando in tal modo previsioni del tutto ottimistiche per il futuro prossimo.

L’allarme venne lanciato quando si stava dissipando l’oscurità della notte. Rosselli, in piedi davanti alla trincea, dispose la difesa con grande calma.

La Colonna Italiana aggiustò il tiro sul nemico che era di fronte, a trecento metri, difeso da cumuli enormi di grano e di paglia che servivano da ottime trincee; essa fronteggiava la strada Saragozza-Huesca, a cavallo di un ponticello aguzzo e di una collina allungata, tra i quali si abbassava un piccolo valico e attraverso cui giungevano servizi di muli e in cui si trovava la Crocerossa.

Il nemico sferrò l’attacco sul fianco sinistro, il più sguarnito; Angeloni che dormiva accanto ala piazzola della prima mitragliatrice che batteva la strada di Almudevar, balzò in piedi al primo allarme, diede ordine ad un’altra mitragliatrice di spostarsi in difesa dei fucilieri, prese un tascapane pieno di bombe a mano e si diresse al fronte principale, ma venne abbattuto da una raffica partita da un’autoblinda avanzata sulla strada. Il nemico era forte di 700 uomini circa, con mitragliatrici, autoblinde, e una batteria.

I volontari italiani erano protetti da una discreta trincea, disgrazitamente non finita, mentre all’estrema sinistra, vi erano dei semplici rialzi di terreno aggiustati un po’ per servire da ripari.

1 Testimonianza di Giuseppe Marchetti pubblicata sul periodico Per la libertà di Spagna. Giuseppe Marchetti è stata una figura centrale per l’Aicvas e per la conservazione della memoria dei garibaldini.