L’8 marzo del 1937, ottantaquattro anni fa, a nord – est di Madrid nella regione dell’Alcarria, iniziava l’offensiva pianificata dal Corpo Truppe Volontarie – CTV, inviato da Mussolini in Spagna per aiutare il dittatore Franco nella sua guerra contro la Repubblica.
L’8 Marzo non è solo la giornata internazionale della donna. L’8 marzo del 1937, ottantaquattro anni fa, a nord – est di Madrid nella regione dell’Alcarria, iniziava l’offensiva pianificata dal Corpo Truppe Volontarie – CTV, inviato da Mussolini in Spagna per aiutare il dittatore Franco nella sua guerra contro la Repubblica. Offensiva che si proponeva la conquista del capoluogo della regione, Guadalajara, e di seguito l’occupazione della capitale spagnola. La guerra era iniziata quasi otto mesi prima, dal mese di novembre 1936 le truppe franchiste cercavano di entrare a Madrid ma i loro tentativi erano stati spezzati dall’Esercito Popolare repubblicano, di cui facevano parte anche le Brigate Internazionali, compreso il battaglione italiano Garibaldi. In febbraio, una ventina di giorni prima, i due eserciti si erano scontrati nella regione del fiume Jarama, in una violentissima battaglia terminata per i franchisti con l’ennesimo fallimento, ma che aveva lasciato entrambe le parti esauste e con moltissime perdite. L’arrivo in zona ai primi di marzo di un corpo di spedizione con oltre 35.000 uomini, freschi, perfettamente equipaggiati, con un migliaio di automezzi, dotati di artiglieria pesante e di una ottantina di carri armati Fiat CV35, costituiva pertanto una pericolosissima minaccia per le sorti di Madrid.
La zona della battaglia era un amplissimo altopiano delimitato dai monti della Cordigliera Central a nord e dalla stretta valle del fiume Tajuña a sud, in buona parte pianeggiante, segnato però ad est da colline basse e scoscese e da improvvisi avvallamenti, coperto da boschetti di lecci, campi coltivati e piccoli paesini, scarsamente popolato. Altopiano tagliato dalla Strada Nazionale II, che da Saragozza scende verso Madrid, ribattezzata in quella occasione dai giornalisti Carretera de Francia, Strada di Francia. Il piano era di far avanzare velocemente e con la massima potenza di fuoco due divisioni (altre due restavano di riserva) accompagnate dai bassi e veloci carri armati
CV35 e appoggiate dall’artiglieria e dall’Aviazione Legionaria lungo la strada Nazionale in modo da travolgere le difese repubblicane ed occupare Guadalajara “a botta dritta” (questi gli ordini). Da lì le divisioni fasciste avrebbero raggiunto Madrid; era la tecnica innovativa della “guerra celere”.
Punto chiave dello schieramento era il paese di Brihuega, situato in un ampia conca a est della Nazionale, conquistato dal CTV nei primissimi giorni di battaglia e trasformato in base logistica. In realtà le divisioni del CTV dovettero fermarsi lungo la Nazionale a una ventina di chilometri da Guadalajara, bloccati dalle truppe della XI Brigata Internazionale. I rinforzi che dovevano giungere da Brihuega e prendere alle spalle la XI furono invece bloccati dal battaglione Garibaldi e da altri reparti della XII Brigata Internazionale tra i boschetti e le fattorie sparse lungo la via secondaria che collegava Brihuega alla Nazionale. Guadalajara non fu toccata dai combattimenti rimanendo sempre in mano repubblicana. Dal 18 marzo una potente controffensiva repubblicana guidata dalle truppe di Lister, Cipriano Mera e di Valentin Gonzales “Campesino” travolse le difese del CTV costringendolo a rientrare nelle posizioni iniziali. Per il CTV fu il fallimento di una offensiva avviata con criteri moderni e con una truppa fresca, ben armata ed equipaggiata.
Di questa battaglia si occupa da molti anni l’amico e compagno Pedro Garcia assieme al fratello Xulio, del Foro por la Memoria di Guadalajara. Con lui ho scritto un libro dedicato alla battaglia: Los campos de Guadalajara. La vittoria dell’antifascismo internazionale, una co-edizione Aicvas – Foro por la Memoria de Guadalajara pubblicato da SEB27 di Torino nel 2018 (curatore Italo Poma,
traduzioni di Angeles Aguado). Il 15 marzo di quest’anno ha organizzato con il Foro por la Memoria la X marcia in ricordo della battaglia di Guadalajara, quest’anno virtuale a causa della pandemia. La camminata sui luoghi della battaglia è stata sostituita da una conferenza online cui ha partecipato anche Marco Puppini per l’Aicvas ed Almudena Cros, presidente dell’Associazione Amici delle Brigate Internazionali di Madrid, con cui la nostra Associazione collabora da molti anni. Pedro ha esposto la sua visione originale della battaglia; emozionante la parte finale con gli interventi di alcuni familiari di persone scomparse in periodo franchista. Le conoscenze di Pedro nel campo della storia militare mi hanno insegnato e fornito molte informazioni che hanno contribuito a sfatare alcuni miti, diffusi all’epoca soprattutto, ma non solo, dai comandi fascisti per giustificare la sconfitta, e ripetuti ancora oggi.
Si disse che il CTV era composto da uomini anziani, disoccupati, padri di famiglia che si erano arruolati per mantenere i congiunti, che non era in realtà un esercito, ma questo è vero solo in parte. Le quattro divisioni (più altri reparti) che lo componevano erano formate da volontari del Regio Esercito ed elementi della milizia fascista, non privi di esperienza. Parte dei comandi (Roatta, Bergonzoli, Faldella) erano militari con lunga carriera alle spalle, spesso decorati per il valore dimostrato durante la prima guerra mondiale. Il comportamento del CTV nella battaglia di Malaga in febbraio era stato ottimo. La sconfitta non fu causata dal comportamento dei soldati (anche se probabilmente è vero che molti “non odiavano a sufficienza il nemico” come si scrisse allora) ma dagli errori di questi comandi professionali, dovuti soprattutto a sottovalutazione del nemico. Si sono coperti gli errori dei comandi accusando i soldati; non era stato forse così vent’anni prima anche a Caporetto?
Si disse che i carri armati in dotazione al CTV erano inadeguati. Certo i carri CV35 Fiat erano più leggeri, piccoli e meno blindati del corrispondente sovietico T26B in dotazione ai repubblicani. Ma l’uso doveva essere diverso, i carri italiani erano veloci, si distinguevano a fatica tra la vegetazione e dovevano accompagnare in gran numero l’azione della fanteria, non dovevano impegnarsi in
duelli diretti con altri carri. In questo senso se utilizzati bene erano pericolosi al pari del T26, non privo anch’esso di punti deboli.
Il primo errore dei comandi fascisti fu aver ugualmente ordinato l’attacco nonostante un cambio improvviso del tempo con l’arrivo di neve e freddo intenso. Il fango e il nevischio ostacolavano l’avanzata dei carri ed anche degli uomini, spesso imbottigliati ed ammassati lungo lo stretto percorso seguito sulla Nazionale. Non dimentichiamo in ogni modo che anche i soldati repubblicani soffrivano freddo e neve come i fascisti. Anche le mappe in dotazione non erano corrette, ad esempio un’ampia depressione del terreno (un barranco) lungo il percorso nei pressi di Almadrones, non segnalata sulla carta e resa impraticabile da acqua e fango, aveva causato ritardi gravi all’inizio dell’operazione, ritardi che avevano consentito alle forze armate repubblicane di organizzare le difese e trasformato la “guerra celere” in guerra molto più lenta.
Altro motivo nel ritardo di quasi un giorno e mezzo sull’ordine di marcia fu causato dalla resistenza quasi suicida di alcuni reparti repubblicani lungo il percorso. La XII Divisione repubblicana, nettamente inferiore per uomini e mezzi, si era però ritirata in modo ordinato organizzando sacche di resistenza in varie località. Ad Almadrones alcune centinaia di uomini avevano resistito tutto il giorno sino alla mattina del 9 marzo.
Si disse che l’aviazione legionaria non poté operare a protezione delle colonne fasciste sempre a causa del maltempo. Era vero che le piste degli aeroporti da cui partiva l’aviazione legionaria erano in terra battuta e quindi piene di fango che ostacolava i decolli mentre le piste degli aeroporti repubblicani erano in migliori condizioni. Ma se leggiamo il diario delle operazioni dell’Aviazione, scopriamo che operò fin dai primi giorni. In realtà in quel momento l’aviazione repubblicana aveva mezzi ed anche personale tecnico superiore a quella franchista, fatto che cambiò però in seguito nel corso della guerra con l’arrivo dei Messchersmith e degli Stukas tedeschi.
Si disse che Franco era scontento della presenza in Spagna di un corpo di spedizione “straniero” con migliaia di soldati e comandi autonomi, che aveva la possibilità di entrare prima delle sue truppe a Madrid. E pertanto non aiutò l’avanzata fascista con le truppe che aveva sul lato nord del fronte. E’ sicuramente vero che Franco, pur avendo chiesto sette mesi prima e salutato con entusiasmo l’arrivo degli aiuti dall’Italia, non vedeva di buon occhio la presenza del CTV. Ma una battaglia sul lato nord del fronte ci fu, anche se poco studiata, e le truppe franchiste della brigata Marzo furono bloccate dalla XII Divisione spagnola riorganizzata in quel momento dal comunista italiano Nino Nannetti (che morirà quattro mesi dopo sul fronte Nord).
La ritirata fascista dopo il contrattacco repubblicano del 18 marzo non fu un crollo disordinato; il CTV aveva mezzi e uomini per resistere ancora ma alcuni comandanti erano in preda al panico ed aggravarono il disastro. Le truppe fasciste rientrarono nelle linee che occupavano all’inizio, l’attacco era fallito. Certo, se i repubblicani avessero incalzato gli uomini del CTV in ritirata avrebbero ottenuto risultati molto maggiori, ma evidentemente non c’erano uomini e mezzi per farlo.
La battaglia in ogni caso non fu solo uno scontro tra italiani fascisti ed antifascisti. La pressione maggiore del CTV lungo la Nazionale fu sostenuta dalla XI Brigata, francotedesca, i garibaldini e gli altri reparti della XII Brigata impedirono che le truppe fasciste provenienti da Brihuega raggiungessero quelle impegnate sulla Nazionale per liquidare l’XI Brigata. Fu in realtà una delle
battaglie più internazionali della guerra: vi parteciparono spagnoli, italiani e marocchini (da parte franchista), spagnoli, italiani, tedeschi, francesi e belgi, polacchi, sovietici (da parte repubblicana).
Infine: le truppe repubblicane presero prigionieri durante i combattimenti oltre 300 soldati del CTV, ma solo una decina di essi passarono a combattere con i garibaldini, nonostante quello che si disse in seguito. Alcuni dei prigionieri erano fascisti convinti, ufficiali, e controllavano gli altri, questi ultimi temevano per le loro famiglie rimaste in Italia se avessero disertato passando alla Repubblica.
Fra i pochi che passarono con i garibaldini, alcuni combatterono e morirono eroicamente; probabilmente si erano arruolati col CTV proprio per poter disertare e passare con i repubblicani in un momento in cui era difficile per le forze antifasciste organizzare espatri clandestini. I prigionieri rientrarono in Italia tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939 con vari trasporti navali. Le spie fasciste scoprirono che alcuni dei rientrati erano effettivamente stati influenzati dalla propaganda repubblicana ed erano diventati poco affidabili per il regime.
Certo, la vittoria di Guadalajara è stato un episodio nel quadro di una guerra persa dai repubblicani, dagli antifascisti. Ma per la prima volta i comandi militari fascisti, convinti della loro invincibilità e del fatto che “i rossi” sarebbero fuggiti e loro avrebbero vinto in breve tempo, hanno dovuto fare i conti con avversari molto più valorosi ed esperti del previsto.
Marco Puppini